IL P.M.
letti gli atti processuali, osserva quanto segue.
In data 27.5.1982 perveniva a questo ufficio della Procura della Repubblica di Milano il fascicolo processuale relativo ad una complessa vicenda dispiegantesi per un periodo di oltre un anno ed avente per oggetto una pluralità di reati di diversa natura (banda armata, rapine, ricettazione ed altro) a carico di numerosi imputati, tra cui tale LONGO Renato.
L'Autorità remittente si era spogliata della competenza in ordine all'intera materia ai sensi dell'art. 41 bis c.p.p. sulla base di talune dichiarazioni del LONGO dalle quali emergevano comportamenti, astrattamente assumibili in ipotesi di reato, di magistrati esercitanti le proprie funzioni nel territorio del Distretto della Corte dì Appello di Milano.
In data 9.6.82 questo Ufficio procedeva a separazione degli atti ai sensi d'ell'art.48 ter c.p.p. sul rilievo che le sole ipotesi dì connessione, rilevanti per vincere l'ordinario regime delle competenze, devono riguardare procedimenti per reati commessi con la stessa azione od omissione, o commessi contestualmente con più azioni od omissioni ovvero reati commessi in concorso o cooperazione, non potendo di contro attribuirsi nessun effetto derogativo alla "connessione soggettiva o probatoria".
In esito al suddetto provvedimento, l'oggetto dell'indagine rimasta alla competenza della magistratura bresciana può sinteticamente individuarsi:
a) nella decisione di rimettere in libertà, in data 3/4 aprile 1981 in Pavia, il predetto LONGO Renato nonostante la pendenza suo carico di un ordine di carcerazione e di un mandato di cattura e, dunque, nella mancata esecuzione di detti provvedimenti da parte del (.....) e dei funzionari di Polizia (.....) e (.....) nonché dei (.....) e (.....), magistrati della Procura della Repubblica;
b) nell'analogo comportamento dei predetti (.....) nei giorni 20/22 gennaio 1982;
c) nella compilazione da parte del (.....) di un verbale d'interrogatorio, di un provvedimento di scarcerazione per mancanza di indizi e del relativo ordine di scarcerazione di persona con le generalità di BORIOLI Nerio in luogo di LONGO Renato;
d) nella dichiarazione del LONGO Renato delle false generalità di BORIOLI Nerio dinanzi al magistrato inquirente (.....).
A questo punto, giova subito premettere che dagli atti processuali risulta in maniera chiara ed immediata il motivo della mancata esecuzione dei provvedimenti di cattura, indicata sub a) e sub b), nel fatto che il LONGO Renato, nell'aprile 1981, aveva, da solo e con le sue precise informazioni alla Polizia, determinato la cattura di due pericolosissimi terroristi, quali i noti MORETTI e FENZI, e che, lasciato in libertà, si confidava che lo stesso LONGO portasse alla individuazione ed all'arresto di altri terroristi altrettanto pericolosi per l'ordine democratico e l'incolumità delle persone, ad esempio, BALZARANI Barbara da tempo ricercata. Che tutto ciò fosse ben possibile, se non addirittura probabile, era comprovato proprio dal rango dei due (Moretti e FENZI) già fatti da lui catturare.
Appare, altresì, ovvio che l'intestazione degli atti di cui al punto c) con il falso nome di Borioli Nerio, comunque la si valuti dal punto di vista giuridico e prescindendo per ora da tale valutazione, risponde mediamente ed oggettivamente al medesimo fine e confluisce nel medesimo risultato.
Deve infine essere premesso che dagli atti processuali non emerge testualmente (per quanto possa essere supposto per il tenore di talune affermazioni di carattere generale dei funzionari della Questura) se i magistrati di Pavia, fossero sicuramente al corrente dell'esistenza dell'ordine di cattura nei confronti del LONGO Renato.
L'approfondimento di questo particolare aspetto appare tuttavia superfluo in questa sede per quanto verrà di qui a breve rilevato.
Tanto preliminarmente puntualizzato, occorre precisare che l'esame tecnico giuridico sulla riferibilità di comportamenti descritti nei punti a), b) e c) ad ipotesi di reato deve in questa sede essere contenuto negli ambiti del favoreggiamento personale e del falso ideologico in atto pubblico, non ravvisando questo ufficio, nei fatti in discussione, altre proponibili prospettazioni antigiuridiche di competenza del Tribunale.
Il dettato incriminante dell'art.378 c.p. richiede, come è noto, una condotta di aiuto nei confronti di taluno ad eludere le investigazioni dell'Autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa. Tale condotta, ovviamente, deve essere sorretta da necessario elemento psicologico, consistente nella coscienza e volontà di agevolare, per l'appunto, taluno ad eludere le investigazioni o le ricerche.
Orbene, proprio l'elemento psicologico, già ad una prima analisi degli atti, appare insussistente nei fatti in contestazione.
In proposito, si è già premesso - e qui si deve con forza ribadire - come la mancata esecuzione dei provvedimenti trovi, nella specie, movente e fine non nel favorire la persona del LONGO Renato, del tutto sconosciuta prima dell'aprile 1981 ai soggetti della cui posizione si discute, bensì nella fondata e seria speranza di assicurare alla giustizia altri e pericolosi criminali, i quali rivolgevano i loro brutali attacchi proprio al tessuto civile e democratico della vita associativa e, in definitiva, all'esistenza stessa della nostra Repubblica democratica.
Illuminante e precipua in tal senso, è la frase latina che negli atti viene attribuita al Procuratore della Repubblica di (.....).
Sfugge, dunque, giuridicamente (ed, ancor prima, a qualunque comune sentire) il concetto stesso dì favoreggiamento, non essendosi assolutamente voluto favorire proprio nessuno e men che meno un ricercato come il LONGO Renato. Sotto questo aspetto, deve quindi trovare applicazione l'art. 74 c.p.p., salva la prospettabilità giuridica, una volta venuta meno l'ipotesi criminosa specifica, di violazione dell'art. 328 c.p. per la quale tuttavia non deve essere questo Ufficio a provvedere.
Parimenti improponibile deve ritenersi l'ipotesi d'incriminazione per falso ideologico in atto pubblico nell'episodio relativo all'interrogatorio reso dal LONGO Renato al Sostituto Procuratore (.....) ed ai susseguenti provvedimenti di scarcerazione emessi dallo stesso magistrato di cui al punto c).
Omessa analisi della posizione del magistrato
Per tutto quanto precede,
C H I E D E
che il Signor Giudice Istruttore in sede pronunzi decreto, ex art. 74 c.p.p., di non doversi promuovere azione penale per le ipotesi di favoreggiamento personale e falso ideologico in atto pubblico, restituendo quindi gli atti a questo Ufficio per l'ulteriore corso di giustizia con inoltro al competente Pretore di Brescia.
Brescia. lì 27 novembre 1982
Il Pretore,
letti gli atti processuali, osserva quanto segue :
il P.M. di Brescia, dopo che il G.I. ha decretato l'archiviazione degli atti in ordine alle ipotesi di favoreggiamento personale e falso ideologico in atto pubblico nei confronti dei magistrati della Procura della Repubblica di Pavia e Voghera, ha trasmesso gli atti a questo ufficio per verificare se, nei fatti denunziati, sia configurabile il reato di omissione di atti di ufficio. Per la sussistenza del reato di cui all'art.328 c.p., per il quale, come è noto, non è chiesto il dolo specifico, è sufficiente che l'agente deliberatamente rifiuti od ometta l'atto di ufficio.
Se il rifiuto o l'omissione trova, però, una giustificazione nella legge od in una disposizione della autorità, viene a mancare un elemento costitutivo del reato ed il fatto perde la connaturazione dell'illiceità penale.
Per come esaurientemente ha evidenziato il P.M. nella sua richiesta al G.I., i magistrati della Procura della Repubblica di Pavia e Voghera hanno agito non già per favorire la persona di LONGO Renato, ma per assicurare alla giustizia altri pericolosi criminali che rivolgevano i loro attacchi all'organizzazione democratica ed all'esistenza stessa della Repubblica. I risultati ottenuti con la cattura di (.....), esponenti qualificati e rappresentativi delle Brigate Rosse, costituiscono prova tangibile della bontà dell'azione intrapresa per raggiungere lo scopo ultimo e superiore di ristabilire l'ordine democratico, la pace sociale e, quindi, la sicurezza della Repubblica. In tale prospettiva è di tutta evidenza che i magistrati del P.M. hanno agito nell'adempimento di un dovere, discendente dal precetto costituzionale di fedeltà alla Repubblica e di obbedienza alla Costituzione e alle leggi, e realizzato con l'attacco diretto ed incisivo contro la costituita organizzazione eversiva, e non già limitata all'arresto di un singolo componente della organizzazione stessa.
La sussistenza del reato è esclusa anche perché nel caso in esame mancano le condizioni richieste dalla legge per esercitare contro i magistrati del P.M. l'azione civile perché gli atti assunti escludono l'esistenza del dolo, della frode e della concussione e confermano univocamente il movente ed il fine sociale che hanno ispirato e sostenuto l'azione.
Per l'episodio della scarcerazione di LONGO Renato da parte del P.M. di Voghera, va rilevato che il magistrato ha provveduto nei confronti di BORIOLI Nerio e non ha avuto le prove che il LONGO avesse assunto false generalità. L'azione penale per il reato di cui all'art.495 c.p. non è stata promossa dal P.M. di Voghera perché allo stesso non risultava il fatto costituente reato e, dopo l'accertamento, il P.M., che procede contro il LONGO per i diversi reati, deve contestare anche quello sopra specificato.
PER QUESTI MOTIVI
letto l'art.74 c.p.p.
ordina
l'archiviazione degli atti non dovendosi promuovere azione penale.
Brescia 9.3.1983
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